La Carta in Cina veniva prodotta già 2000 anni fà, all'inizio ovviamente le tecniche di produzione della carta erano assai diverse da quelle che oggi ritroviamo nelle moderne Cartiere. La fabbricazione della carta da corteccia, stracci e reti da pesca fu descritta per la prima volta nell'anno 105 d.C. dall'ufficiale di corte Ts'ai Lun. Recentemente, nel 1986, a Dunhuang (Gansu), scavi archeologici in una tomba della prima metà del II secolo a.C. hanno portato al ritrovamento di un brandello di carta con tracciata una mappa. Questo sensazionale scoperta, denota come la carta fosse già conosciuta e utilizzata in quell'epoca, retrodatando così le prime fabbricazioni di circa due secoli, rispetto alla data dello scritto di Ts'ai Lun. La diffusione della tecnica al di fuori dei confini della Cina fu assai lenta; anche se altri popoli avevano visto la carta, non riuscivano a capire come venisse fabbricata ed i Cinesi per molti anni custodirono gelosamente questo segreto.
In America, ritrovamenti archeologici indicano che la fabbricazione della carta era già nota ai Maya non più tardi del V secolo. Chiamata "amate" era largamente diffusa tra le civiltà precolombiane fino all'arrivo dei conquistatori spagnoli. Ancor oggi si fabbrica, in modeste quantità, carta con la tecnica tradizionale maya.
La tecnica arrivò in Giappone dalla Corea, al tempo parte integrante dell'impero cinese, intorno al 610 portata da un monaco buddista, Dam Jing da Goguryeo. Originariamente prodotta con la rafia di gelso, fu migliorata dai giapponesi e sin dal IX secolo la produzione della carta diventò una vera e propria industria nazionale. Dalla cartiera imperiale di Kyoto uscirono nuove carte fabbricate con fibre di gelso (washi), canapa, dafne e paglia. Furono anche i primi riciclatori di carta sin dal XIV-XVI secolo sembra per decongestionare gli archivi.
In Medio Oriente la carta era già nota presso i persiani nel VI secolo importata dalla Cina con le carovane lungo le vie della seta. Gli arabi ne vennero a conoscenza nel 637 entrando in Ctesifonte, capitale della dinastia sasanide, ma solo nel 751, dopo la battaglia del Talas, con la conquista di Samarcanda fecero prigionieri dei cartai cinesi dai quali ne carpirono i segreti. La carta di Samarcanda, fatta con canapa e lino, diventò presto famosa e assicurò un periodo di sviluppo alla regione. Con l'espandersi del mondo arabo-musulmano si diffuse anche la produzione della carta: nell'VIII secolo in Egitto, nei secoli successivi in tutta l'Africa settentrionale e nel X secolo la Sicilia ne era un importante centro per il commercio.
La carta giunse in Europa nel XII secolo. Importata da Damasco
attraverso Costantinopoli o dall'Africa attraverso
la Sicilia era un prodotto mediocre se paragonato
alla pergamena e per di più musulmano, tanto
che Federico II in un editto del 1221 ne proibì
l'uso negli atti pubblici. Tuttavia il consumo
non fece che aumentare e nel XIII secolo le
flotte mercantili del Mediterraneo e dell'Adriatico,
finanziate da grossi commercianti (in gran
parte veneziani), si spartivano il fiorente
mercato.
Le cose cambiarono dal 1268 quando a Fabriano,
una piccola città tra Ancona e Perugia, si
cominciò a preparare la pasta utilizzando
magli multipli azionati da un albero a camme
collegato ad una ruota idraulica. Più efficienti
del mortaio dei cinesi o della mola degli
arabi, mossi da uomini o animali, i magli,
lavorando in verticale, sfibrano canapa e
lino più velocemente e meglio riducendo così
i costi e migliorandone la qualità. Anche
il telaio da immergere nel tino cambiò: l'intreccio
di cotone, bambù o canne fu sostituito da
un intreccio in ottone e rimarrà pressoché
invariato fino al XVIII secolo. La collatura
con amido di riso o grano fu cambiata con
una a base di gelatina animale che migliora
caratteristiche come l'impermiabilità o la
resistenza a insetti e microrganismi.
La nuova tecnologia ebbe un notevole successo
e presto sorsero nuovi mulini in tutta l'Italia
settentrionale. La carta italiana, di qualità
migliore, più economica e soprattutto cristiana
si impose velocemente in tutta Europa.
Il monopolio della carta italiana durò fino
a metà del XIV secolo quando nuovi centri
cartari sorsero prima in Francia e poi in
Germania. La prima metà del XV secolo vide
la Francia primeggiare nella produzione della
carta, ma nella seconda metà, per le alte
tasse sui mulini e sul trasporto degli stracci,
la produzione si spostò verso l'Olanda.
Nel XVII secolo furono introdotte delle macchine
dette olandesi, vasche anulari di forma ovale
in cui un cilindro munito di lame contemporaneamente
sfilacciava e raffinava le fibre. Con le olandesi
si ottenne una carta più bianca ed omogenea
anche se meno resistente perché le fibre venivano
tagliate anziché schiacciate.
Nel 1750 l'inglese John Baskerville introdusse
una nuova tecnica per ottenere della carta
priva dei segni della vergatura chiamata wove
paper. L'industria inglese riuscì a mantenere
il monopolio della fabbricazione per circa
un quarto di secolo, ma nel 1777 il francese
Pierre Montgolfier (padre dei fratelli Montgolfier)
ottenne dei fogli perfettamente lisci che
presero il nome di carta velina, nome che
richiamava la pergamena prodotta con la pelle
dei vitelli nati morti particolarmente liscia.
Nel 1774 grazie alle scoperte del chimico
svedese K.W. Scheele si vide la possibilità
di usare cloro per sbiancare la carta. Purtroppo
più tardi si scoprirà che l'ossidazione al
cloro ha effetti sulla durata a lungo termine.
Nel 1807 venne introdotto un sistema di collatura
in massa con allume e colofonia, più economico
di quello con gelatina animale, ma che più
che decuplica l'acidità della carta.
Dopo tre anni di ricerche, nel dicembre del 1798, il francese
Louis-Nicolas Robert depositò un brevetto
di una macchina per fare una carta lunghissima.
Il brevetto fu acquistato da Didot Saint-Léger,
proprietario della cartiera di Essonnes, con
la promessa di una grossa somma prelevata
dagli utili. Didot invece fece perfezionare
il progetto dal cognato, tal Gamble, il quale
a sua volta fuggì in Inghilterra dove depositò
il brevetto. Perfezionata ulteriormente nel
1803 la nuova macchina diede il via alla produzione
industriale della carta.
Durante la prima metà del XIX secolo i continui
miglioramenti ridussero sempre più i costi
di produzione, ma la limitata offerta della
materia prima, gli stracci, impose la ricerca
di nuove fonti. La sola introduzione della
macchina a vapore raddoppiò la produzione
nel decennio 1850-1860. Furono fatti tentativi
con l'ortica, la felce, il luppolo e il mais,
ma nessuno dei surrogati riuscì a competere
in qualità e costi con gli stracci.
Nel 1844 un tessitore di Heinicken, in Sassonia,
di nome F.G. Keller depositò un brevetto per
una pasta preparata dal legno. Il tedesco
Heinrich Voelter nel 1846 lo migliorò con
l'invenzione di un apparecchio per la sfibratura
costituito da una grossa mola in gres che
sminuzza il legno. Il prodotto ottenuto era
mediocre ma adatto ad un utilizzo nascente:
la stampa periodica. Lo sfibratore si imporrà
solo dopo il 1860 quando ad esso verrà affiancato
un altro trattamento: quello chimico. I primi
trattamenti furono con soda e potassa a caldo,
seguiti da sbianca con cloro. Emicellulosa
e lignina si sciolgono, mentre la cellulosa
rimane intatta. Soda e potassa vennero presto
sostituiti da bisolfito che opera in ambiente
acido.
Dal 1880 un nuovo procedimento al solfato
permise di ottenere una carta molto robusta
chiamata carta Kraft che rivoluzionerà il
mondo dell'imballaggio.
Con l'arrivo della pasta di legno, la produzione
diventò di massa e la caduta del prezzo trasformò
la carta in un prodotto di largo consumo.
In Inghilterra, ad esempio, la produzione
passò dalle 96.000 del 1861 alle 648.000 tonnellate
del 1900. I paesi ricchi di foreste come quelli
scandinavi, il Canada e gli Stati Uniti diventarono
i nuovi riferimenti del mercato. La carta
industriale abbondante e a basso costo diversifica
gli utilizzi: nel 1871 la prima carta igienica
in rotoli, nel 1906 le prime confezioni del
latte in cartone impermeabilizzato, nel 1907
il cartone ondulato e poi giocattoli, capi
d'abbigliamento, elementi d'arredo, isolamenti
elettrici.
Prima di quest'epoca, un libro o un giornale
erano oggetti rari e preziosi e l'analfabetismo
era enormemente diffuso. Con la graduale introduzione
della carta economica, giornali, quaderni,
romanzi e altra letteratura furono alla portata
di tutti.
La carta offrì la possibilità di scrivere
documenti personali e corrispondenza, non
più come lusso riservato a pochi. La stessa
classe impiegatizia può essere considerata
come nata dalla rivoluzione della carta così
come dalla rivoluzione industriale.
Con la contemporanea invenzione della penna
stilografica, della produzione di massa di
matite, del processo di stampa rotativa, la
carta ha avuto un peso notevole nell'economia
e nella società dei paesi industrializzati.
In Italia possiamo ricordare in particolare
Pietro Miliani, che nel XIX secolo, da semplice
operaio diventò fondatore delle attuali industrie
omonime.
Alcuni storici avanzano la teoria che la carta
sia stato un elemento chiave nell'evoluzione
delle culture. Secondo questa ipotesi la cultura
cinese rimase arretrata rispetto a quella
europea a causa dell'utilizzo del bambù, più
scomodo rispetto al papiro. La cultura cinese
si sarebbe poi sviluppata prima e durante
la dinastia Han per merito dell'invenzione
della carta. L'evoluzione culturale del Rinascimento
europeo sarebbe dovuta all'introduzione della
carta e della stampa.